Bentrovati, l’abbiamo temuta – mentre speravamo non arrivasse – invece eccoci in mezzo alla seconda, potente ondata di questo virus che da primavera scorsa ha travolto le nostre vite. Cambiando tutto, soprattutto quello che più ci caratterizza come esseri umani: il contatto, la vicinanza, lo scambio. E quindi gli abbracci, le strette di mano, la socialità. Tutto quello che ci distingue dagli esseri inanimati è diventato pericoloso, ci mette a rischio. Sicuramente oggi, domani chissà. Se a questo “chissà” aggrappiamo la speranza che un giorno tutto torni almeno ad una “nuova normalità”, è l’incertezza a pesare sulle nostre spalle come un macigno. Manca una data a cui legare il nostro count-down. Quando ti rompi un braccio sai che il gesso lo porterai 30 giorni, 45 oppure due mesi. Ma hai la certezza che lo toglierai quel giorno che segni in rosso sul calendario. La tua liberazione. Un giorno che aspetti sapendo che dopo ti toccherà la fisioterapia, la rieducazione e molto dipenderà dalla forza di volontà, dal coraggio che ci metterai, dall’impegno. Invece questo Covid-19, con cui abbiamo dovuto imparare a convivere, non ha una data di scadenza. Continua a camminare sulle nostre gambe talmente tanto da averci separati gli uni dagli altri. Ha diviso persino l’Italia che prima era verde, bianca e rossa, ora è gialla, arancione e rossa. Sono giorni difficili questi. Decisivi e difficili, che ci troviamo a vivere per una serie di motivi. Perché i coronavirus sono così, stagionali, l’influenza ne è il miglior esempio. E perché anche noi siamo così. Ci spaventiamo a morte quando il pericolo è vicino, dimentichiamo subito tutto quando pensiamo di averla scampata. Potrei dilungarmi su responsabilità e irresponsabilità, su programmazione e mancanza di programmazione, capacità di prevenire e incapacità di prevenire. Ma evito. Sono temi delicati e le parole scritte spesso vengono fraintese. L’altro giorno, mentre aspettavo all’uscita mia figlia, ho sentito alcuni genitori organizzarsi: “gelato tutti insieme? Che dite, parco tutti insieme?… E mi sono detta, ma il pericolo lo avvertiamo tutti allo stesso modo? Evidentemente no. E ci sta. Ma in modo così diverso? A distanza di 8 mesi dal primo Speciale 20 domande sul Coronavirus che ho curato e condotto su Sky Tg24 ho sentito forte l’esigenza di porre altre 20 domande in 25 minuti a due eccellenti scienziati. Perché per tante domande ora le risposte le abbiamo, ma sono tanti gli interrogativi che restano. E se posso contribuire a far crescere il senso di responsabilità comune, lo faccio con i mezzi che ho. Se avete 25 minuti del vostro tempo cliccate qui:
Come sentirete dirmi alla fine di Covid-19 Domande e risposte per uscire da una pandemia servono responsabilità, coraggio e conoscenza. Voi, cosa ne pensate?